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Alfabeto Democratico

La politica e l'antipolitica

22/08/2011

di Mariacristina Guido | il quotidiano della Calabria

Le idee camminano sulle gambe delle persone ma le buone idee, quelle che hanno dietro un progetto ed una voglia reale e tangibile di metterlo in pratica, si sperimentano e si divulgano anche in questa strana e poco esaltante estate. La circolazione sana delle idee va sempre stimolata ed arricchita di contenuti anche sotto l’ombrellone. Ma ce n’è uno su tutti che monopolizza l’attenzione dell’opinione pubblica. De Gasperi lo diceva bene:” La differenza tra un politico ed uno statista sta nel fatto che il politico pensa alle prossime elezioni lo statista alle prossime generazioni”. E la penuria di statisti in questo momento si fa sentire. L’Europa è attraversata da una crisi che non è solo economica, si tratta di una crisi di sistema o meglio di una messa in discussione degli ormai obsoleti modelli economici vigenti. Di fronte ai cambiamenti imposti dal mercato ed ai nuovi flussi, i sistemi economici occidentali hanno mostrato tutta la loro fragilità. Ma anche in questo l’Italia detiene il primato negativo: un esempio è costituito dal principio sotteso all’ultima manovra economica varata dal Ministro dell’Economia Tremonti. L’artefice della cosiddetta ‘finanza creativa’ non ha solo elaborato una manovra ingiusta, ma ha tra le righe riproposto un concetto cardine per questo Esecutivo, ossia che la crisi deve essere arginata dai sacrifici del cosiddetto ceto medio, mentre chi possiede grossi capitali, magari detenuti illegalmente, può tranquillamente continuare a possedere conti bancari all’estero e magari attende il prossimo scudo fiscale o il prossimo condono che consenta di far rientrare solo una parte di queste somme ma ‘ripulite’. Una ipotesi neppure tanto remota. Le famiglie, che subiscono in maniera più pesante gli effetti di queste norme, non avranno la possibilità di contare sugli sgravi fiscali e le donne dovranno lavorare fino a 65 anni d’età. Il contributo di solidarietà, com’è stato definito, è solo una beffa, uno specchietto per allodole che non incanta più nessuno: Berlusconi era disposto a dimettersi se il Consiglio dei Ministri avesse imposto una qualche forma di patrimoniale, ma che Italia siamo diventati?! Si metteranno le mani non solo nelle tasche degli italiani attraverso misure di ‘macellerie sociale’ e tagli agli enti locali ma anche sui sacrifici di una vita dal momento che la scure si abbatterà anche sui tfr (trattamento di fine rapporto) dei dipendenti pubblici. Gli interventi sulle relazioni industriali e sui rapporti di lavoro rappresentano, poi, una vergognosa intromissione nei rapporti e nell’autonomia delle parti sociali. In una recente intervista Romano Prodi ricorda alla nostra ‘distratta’ classe dirigente che la via maestra per rendere equa una manovra di questa portata consiste nel ‘far pagare tutti’: l’evasione fiscale in Italia tocca punte sconfortanti. Perché non investire risorse sul principio costituzionale in base al quale siamo tutti uguali di fronte alla legge ed al fisco, ovvero che ognuno deve allo Stato quelle che gli viene richiesto, e dunque si, chi ha di più paghi di più! Un fisco equo rende lo Stato e le sue istituzioni più democratiche, un fisco giusto con tutti le rende più autorevoli. D’altronde l’articolo 53 della nostra Costituzione rende bene il concetto: “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva” e “Il sistema tributario è informato a criteri di progressività”. Ci siamo chiesti come mai l’anti politica di questi tempi spopola? Perché sui social network o sulle pagine dei quotidiani abbondano i commenti sprezzanti sui privilegi dei politici e sui benefit della ‘casta’? Benefici, tra l’altro, di cui godono da anni. E sappiamo bene che le classi privilegiate sono tante: i calciatori, i manager ad esempio, ma l’antipolitica oggi travalica e colma il vuoto lasciato da chi non è in grado di dare delle risposte al Paese. Parafrasando il Guccini migliore, l’Italia stanca di oggi urla: ‘Tornate a casa nani, levatevi davanti, per la mia rabbia enorme mi servono giganti’. Oggi questo divario stride agli occhi di una popolazione che vive sulla propria pelle gli effetti di un vuoto politico incolmabile, di una distanza palpabile, siderale, che esiste tra la gente e la politica e di una disaffezione che a volte sconfina nel qualunquismo ma che è figlia della esasperazione di padri che non hanno più modo di garantire un futuro sicuro ai propri figli. La crisi quindi non è solo economica, ma culturale, di valori, di sostanza insomma. Di fronte a tutto questo la sinistra ha il dovere di rappresentare un’alternativa, una idea diversa di Stato e di società, senza incappare negli errori del passato. E la parola d’ordine questa volta dovrà essere UNITA’, perché dopo questo scempio toccherà a noi andare al Governo. Penso che gli italiani si siano finalmente risvegliati da questo incubo durato anche troppo. Ma, come avvenne per Prodi, che prese in mano un paese afflitto e lo fece entrare nella Zona Euro dalla porta principale, il lavoro sarà tanto e non c’è spazio e tempo per i distinguo e per la frammentazione. La sinistra oggi non deve sbagliare e in questo senso un monito a mantenere la barra sempre dritta può e deve arrivare dalle giovani energie perché qualcuno un giorno disse:”C’è posto per tutti”, ed ognuno, in questo momento ha un ruolo ed una responsabilità ben definite. Chi fa del qualunquismo un arte inneggia al cambiamento ed urla, senza mai praticarlo, uno slogan ormai logoro ossia ‘Largo ai giovani’. Mai frase fu tanto abusata e mai fu tanto distruttiva per chi osò pronunciarla o per chi ci si trincerò dietro. Non credo che sia il momento di patti generazionali o di laboratori politici improduttivi, che son serviti solo a garantire fulgide ma brevi ascese politiche. Ciò che conta ora è ridar spazio alla definizione aristotelica di ‘πολιτικος’, quella alta, quella che da risposte ai problemi, quella che si occupa della gente e che ridà slancio ideale ai giovani. Infine a chi come me riesce ancora ad appassionarsi alle vicende politiche, ai miei coetanei che si accostano alla politica con umiltà e desiderio di far gavetta, rivolgo un pensiero fondato sulla convinzione che da ottimi semi nascano germogli puri, non omologati al pensiero dominate e sempre disposti a battersi per un principio più che per una casella o un titolo vuoto e senza significato. Come cantava Amy Whinehouse: ‘I didn't get a lot in class, but I know it don't come in a shot glass’, siamo artefici del nostro successo e della nostra esistenza, quindi rendiamola un capolavoro e per far questo mai abbassare la schiena, mai proni di fronte al potere, sempre rivoluzionari come Ernesto (Che Guevara) e pacati ma risoluti come Enrico (Berlinguer), perché, come io la penso come Giovanni Sartori: “eccezion fatta per pochi solitari eroi, chi teme di dire quello che pensa finisce per non pensare quel che non può dire.” Quello che auguro al mio Paese in questo momento è che si riappropri del ‘midollo del leone’, che non è solo uno splendido libro di Alfredo Reichlin ma sopratutto un concetto che in una sua pagina dedicata a Luigi Pintor, Italo Calvino definì  come il nutrimento di una morale rigorosa, di una padronanza della storia. Reichlin nel suo capolavoro non fornisce solo una visione personale e privata dei fatti storici  della sua generazione, ma si rivolge proprio ai giovani che si appassionano di politica spiegando loro che non partono da zero. “È bene che agiscano in modi molto diversi da noi, ma non è sul nulla che poggiano i piedi"