Di GIANDOMENICO AMENDOLA | CORRIERE DEL MEZZOGIORNO BA
Probabilmente, l'immagine dei politici italiani non ha mai toccato livelli così bassi neppure quando si creava la folla per lanciare le monetine su Craxi e De Michelis o quando i partiti storici erano costretti a sciogliersi. Qualcuno, meno colpito dagli scandali, si sarebbe poi riaffacciato sulla scena con nomi nuovi. Anch'essi destinati, come il software, a continui aggiornamenti e rinumerazioni. Alcuni dei protagonisti di quegli anni, dopo qualche maldestro tentativo, hanno scelto il pensionamento mentre altri hanno continuato a calcare le scene con nuovi simboli e nuovi padroni. Eppure, alla caduta verticale del prestigio e della credibilità del ceto politico, oggi indicato in maniera bipartisan come la "casta", corrisponde un bisogno di governo e di politica come poche volte è accaduto nella nostra recente storia.All'inizio degli anni '70, per la generazione oggi anziana, sembrava che tutto fosse possibile e che anche i sogni politici più strampalati potessero diventare realtà. Per alcuni la rivoluzione era dietro l'angolo, per altri il capitalismo e la sua conclamata efficienza avrebbero garantito sviluppo e ricchezza. Il sistema politico teneva anche nel Mezzogiorno grazie ai torrenti di denaro pubblico e ad un efficace patto di non belligeranza tra le forze di governo e quelle di opposizione.Nel lessico politico e nel linguaggio quotidiano la parola crisi appariva allora ad intermittenza e come semplice ipotesi. Fu un filosofo tedesco, Jurgen Habermas, ad affrontare esplicitamente il problema della crisi formulando la relazione, in seguito divenuta scontata, tra consenso politico e ricchezza. Consenso e denaro, erala tesi, sono due risorse per definizione scarse che possono, però, compensarsi a vicenda. Per superare i momenti di crisi economica e rilanciare lo sviluppo è importante che vi sia un forte consenso, che - va sottolineato - non riguarda solo chi governa ma tutto il sistema politico. Per contro, è solo una gran disponibilità di ricchezza da distribuire che può consentire di fronteggiare la crisi di credibilità del sistema politico. Fu in questa logica che a metà degli anni '70 Enrico Berlinguer lanciò l'idea dell'austerity che prima di essere una ricetta economica era strategia politica e scelta etica. Non a caso, questa proposta è stata ripresa in proprio questi giorni.Solo una crescita rapida e consistente del consenso politico, oggi ai minimi storici, può consentire di fronteggiare la crisi. Il New York Times recentemente individuava tra le cause della crisi della nostra economia, la "soap opera" della politica italiana e dei suoi protagonisti. L'Italia e soprattutto il Mezzogiorno sono sull'orlo di un burrone. Nelle regioni meridionali il numero dei nuovi poveri - tra questi anche i cosiddetti working poor di quanti cioè sono poveri anche se lavorano - è in crescita esponenziale. Il dramma della disoccupazione giovanile lo si tocca nelle famiglie prima ancora di leggerlo negli annuari statistici. Per affrontare questi problemi non bastano ne la benefica "mano invisibile" del mercato ne lo stellone italiano. Ci vogliono buona politica e politici seri e capaci. Al più presto.
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