(Dal Corriere del Mezzogiorno) L'accordo recentemente concluso a Mirafiori, con la firma di tutti i sindacati ad esclusione della Fiom, e', secondo la Cgil, negativo, grave, uno stravolgimento delle storiche relazioni sindacali, un peggioramento delle condizioni di lavoro e, soprattutto, un attacco alle liberta' e alla democrazia sindacale, con l'esclusione della Fiom, in quanto sindacato non firmatario dell'accordo, dalla presenza sindacale in azienda. Il giudizio di tutte le strutture della Cgil e' univoco: l'accordo e' negativo, pericoloso. Si e' andati oltre, di molto, l'accordo di Pomigliano.Nascono due new company, una a Pomigliano, l'altra a Mirafiori. Due realta' distinte ed autonome, ma regolate da un accordo ad hoc, sganciate da un contratto nazionale. Come e' stato sollevato da pi? parti, siamo di fronte ad elementi profondamente innovativi rispetto all'esperienza italiana, in quanto si richiama il vincolo della firma per le Rsa nell'azienda. Non piu' quindi le Rsu, gli organismi unitari eletti liberamente dai lavoratori, ma un'esclusione della volonta' democratica. Solo i sindacati che firmano hanno quindi diritto a nominare i propri rappresentanti nella struttura aziendale, che non e' piu' eletta dai lavoratori ma e' nominata dalle singole organizzazioni. Mentre a Mirafiori si deve svolgere il referendum che dovra' accettare o respingere l'accordo, a Pomigliano la new company e' operativa. Per cui i lavoratori che saranno progressivamente richiamati nell'attivita' produttiva, a cominciare da questo mese, dovranno accettare le condizioni dell'accordo. Questo determina una situazione profondamente nuova, per cui la Fiom, che non e' firmataria dell'accordo, rimarra' esclusa dalla rappresentanza dei lavoratori all'interno dell'azienda. E quindi uno dei sindacati piu' rappresentativi, sia a Mirafiori che a Pomigliano, in conseguenza di questo accordo, rifiutata la firma, e' messo fuori dall'azienda. Il 13 ed il 14 gennaio si svolgera' il referendum. La Cgil invita a battersi perche' questo referendum vincano i No. In ogni caso non ci si puo' esimere da una valutazione approfondita dell'accordo e dal fatto che rappresenta una svolta autoritaria nel grande gruppo industriale italiano che, per le modalita' con cui si e' espresso e i contenuti che tende adaffermare nella gestione della produttivita' e nella competivita' dell'azienda, innesca situazioni e valu-tazioni profondamente preoccupanti. Questo e' un elemento di forte preoccupazione. Una fabbrica deve vivere sul consenso, sulla partecipazione, sulla valorizzazione e sulla promozione del lavoro. Non puo' vivere sulla coercizione e sull'imposizione di regimi autoritari. Questo sistema non ha funzionato in passato ed oggi non puo' essere riproposto.E' necessario continuare la battaglia per cambiare le condizioni di questo accordo, per cambiare la prospettiva industriale della Fiat in questo Paese, al Nord come al Sud. Il governo, in questa fase, invece di essere regolatore e mediatore dei conflitti, e' stato da una sola parte, quella di favorire l'impresa tout court e indebolire, perseguendo la politica della divisione sindacale, l'azione unitaria fortemente necessaria per controbilanciare il forte potere che una grande multinazionale come la Fiat ha di per se' nella condizione del mercato.Questo elemento pesera' nella vicenda economica, politica e sociale del Paese. D'altra parte non possiamo non interrogarci, al di la' dell'esito del referendum, su come garantiamo una continuita' di tutela, di rappresentanza ai tanti lavoratoriche si sono battuti e intendono continuare a battersi per cambiare queste cose e affermare la democrazia sindacale nei luoghi di lavoro, soprattutto nella Fiat. Come far vivere questa critica, come far vivere l'impegno da un lato a far andare avanti i processi di crescita industriale necessari e dall'altro, nel rispetto dei diritti, anche forme di organizzazione piu' moderne e rispettose della condizione umana dei lavoratori. Questo e' il punto di fronte al quale e' davanti l'insieme del gruppo dirigente della Cgil e della Fiom. La proposta di una firma tecnica o di presa d'atto corrisponde a questa logica: garantire la presenza della Fiom, nel rispetto del pluralismo, all'interno dello stabilimento. Condizione essenziale per poter continuare a difedere i lavoratori che certamente non possono essere lasciati nelle mani di sindacati firmatari di accordi che ci hanno visto profondamente dissenzienti. Il gruppo dirigente della Fiom non puo' dire solo no, ma ha il dovere di indicare una rispostaseria, convincente e praticabile a questo problema. Quindi nessun cedimento, ma una presa d'atto di un contesto nuovo dentro al quale continuare a battersi.
L'autore è segretario generale Cgil Campania
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